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Fotografia e Psicoanalisi: la rappresentabilità delle emozioni

4 anni ago · · Commenti disabilitati su Fotografia e Psicoanalisi: la rappresentabilità delle emozioni

Fotografia e Psicoanalisi: la rappresentabilità delle emozioni

“Le fotografie sono orme della nostra mente, specchi delle nostre vite, riflessi del nostro cuore.”
Judy Weiser

Psicoanalisi e fotografia rappresentano due mondi particolarmente affascinanti tra i quali è possibile rintracciare innumerevoli interconnessioni.
Prima tra tutte, l’importanza che riconoscono alla luce come mezzo per rivelare qualcosa.
In psicoanalisi la luce è la coscienza che permette di illuminare l’Inconscio e l’essenza della cura psicoanalitica risiede nel portare alla luce elementi sconosciuti della personalità del paziente.
Nel mondo della fotografia la luce permette di produrre l’immagine. La stessa origine etimologica della parola richiama questo concetto: il termine deriva dal greco, foto (phos) e grafia (graphis) e letteralmente significa “scrivere con la luce”.

Un altro aspetto trasversale ai due mondi è il fatto che si snodano lungo il continuum dentro-fuori, mondo interno e mondo esterno.
Secondo la psicoanalisi la macchina fotografica è un’estensione dell’apparato psichico o meglio di uno dei suoi organi percettivi fondamentali, la vista. Lo strumento-macchina permette di collegare chi fotografa con l’esterno, attraverso un processo in cui mondo interno e mondo esterno sfumano l’uno sull’altro.
Secondo Henri Cartier-Bresson fotografare è un modo di vivere, è dare spazio e corpo ad un’immagine interiore. Il fermo immagine fotografico corrisponde dunque a fermare un’immagine psichica, metterla in risalto ed in rilievo, darle profondità. Ad un livello psicoanalitico la fotografia assume una valenza di medium tra la realtà fisica e la realtà psicologica, è un ponte tra interno ed esterno dove l’esterno viene introiettato e trasformato sulla base dell’interiorità del fotografo.
 Luigi Ghirri, grande fotografo italiano, afferma:

Nel momento in cui io scatto, mi trovo sulla soglia, sono sul punto di avvertire la possibilità di filtrare il mio mondo interno con l’esterno. Sono la soglia di qualcosa, la soglia per andare verso qualcosa.

Nel momento in cui scatta, il fotografo deve compiere un doppio movimento che va dall’esterno all’interno, per poi tornare nuovamente all’esterno, che appare però trasformato sulla base della sua interiorità e soggettività.
Questo doppio movimento e questa soggettività sono particolarmente evidenti quando si confrontano le fotografie di due differenti fotografi davanti ad un’identico soggetto nel medesimo tempo e spazio. Ogni fotografo interpreterà il mondo esterno in maniera prettamente soggettiva, dando corpo a ciò che per lui ha valore, sulla base della propria esperienza e dei propri vissuti.
Quando si scatta una fotografia, quindi, si portano all’esterno parti di sé, si proiettano in essa la propria storia, i propri vissuti, le proprie vicissitudini interne.
La fotografia diventa una sorta di “acting-out”, ovvero la riproduzione di un’idea inconscia attraverso un’azione anziché attraverso un ricordo o un pensiero, e il fotografo utilizza inconsciamente la fotografia per comunicare parti di sé e per elaborare i propri vissuti.
Le fotografie che scattiamo parlano di noi, delle nostre emozioni, delle nostre esperienze, trasmettono talvolta inconsciamente messaggi profondi sulla nostra esistenza e sui nostri valori. Il noto fotografo Ansel Adams sottolinea:

Tu non fai una fotografia solo con la macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito e le persone che hai amato”.

Il movimento tra mondo esterno e mondo interno non appartiene solo a chi scatta una fotografia, ma anche a chi poi la osserverà: ogni immagine verrà interpretata in modo diverso dall’osservatore, che proietterà in essa i propri vissuti e le proprie emozioni.

Lo stretto legame tra mondo interno e fotografia è alla base delle due maggiori applicazioni cliniche di tale strumento: la fototerapia e la fotografia terapeutica.
La fototerapia, ideata da Judy Weiser, Psicologa ed Arte Terapeuta, è un sistema articolato di tecniche che prevedono l’utilizzo della fotografia all’interno del percorso terapeutico. Consiste essenzialmente nell’analisi da parte dello psicoterapeuta del rapporto tra il paziente e le foto (foto scattate dal soggetto, foto del soggetto scattate da altre persone, autoritratti, album di famiglia e foto raccolte nel tempo), che diventano quindi un mezzo per accedere al mondo interno dell’individuo.
La fotografia diventa una vera e propria area transizionale, un’area terza in cui avviene l’incontro tra diverse parti del paziente.

La fotografia terapeutica, invece, è quella particolare pratica, condotta autonomamente dalle persone al di fuori di un contesto clinico, in cui la fotografia viene utilizzata per la scoperta di se stessi o con fini espressivi. Alcuni artisti, infatti, utilizzano la fotografia come uno strumento di conoscenza del proprio mondo interno o come un mezzo per comunicare ciò che non riuscirebbero ad esprimere a parole e per elaborare traumi o superare momenti di particolare difficoltà.
L’attività fotografica o artistica in generale può, infatti, apportare benessere poiché consente di avviare e di sostenere un processo di elaborazione di temi, vissuti, emozioni, che altrimenti potrebbero rimanere inespressi.
A tale proposito Stefano Ferrari afferma:

“Un individuo è spinto a rappresentare in immagine, a trasformare in simbolo il suo tormento interiore, e già nel lavorare a questa trasformazione, il dolore si allevia”.

La fotografia in ultima analisi apre al dialogo, prima tra fotografo e parti di sé, poi tra fotografia e osservatore, e in tal senso può permettere un miglior rapporto con se stessi. Fotografare e osservare una fotografia sono quindi esperienze che ci mettono in contatto con il nostro mondo interno e possono diventare una preziosa chiave di accesso ai nostri vissuti profondi ed alle dinamiche che li sottendono.

Articolo a cura della Dott.ssa Elisa Terren
Psicologa Psicoterapeuta a Mirano e Mestre

Elisa Terren

Elisa Terren

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