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L’Amore che diventa prigione: la dipendenza affettiva

4 anni ago · · Commenti disabilitati su L’Amore che diventa prigione: la dipendenza affettiva

L’Amore che diventa prigione: la dipendenza affettiva

“Ci hanno fatto credere che ognuno di noi è la metà di una mela e che la vita ha senso solo quando riusciamo a trovare l’altra metà. Non ci hanno detto che nasciamo interi, che mai nessuno nella nostra vita merita di portarsi sulle spalle la responsabilità di completare quello che ci manca: si cresce con noi stessi. Se stiamo in compagnia è semplicemente più gradevole”.

John Lennon

Che cos’è l’Amore? In molti hanno tentato, nel corso degli anni, di rispondere a questa domanda, base dell’esistenza umana. Ampiamente diffusa è l’idea che rappresenti uno stato di completezza ideale che ciascun individuo vorrebbe raggiungere.
Spesso però l’Amore può trasformarsi in un estremo tentativo di riempire i propri vuoti affettivi, diviene un mezzo per sanare antiche ferite, dando vita a rapporti complicati, in cui la propria soggettività può svanire all’ombra dell’oggetto amato. Sempre più frequenti sono le relazioni che si fondano sull’illusione che l’Altro completi le proprie mancanze e che l’Amore sia un rimedio per i propri dolori.
Erich Fromm, grande psicoanalista tedesco, definisce l’Amore maturo il legame con l’Altro, a condizione di preservare la propria integrità e la propria individualità.

Se tale requisito viene a mancare, si scivola nel campo di relazioni malate, tossiche, in cui il vincolo di coppia offusca i bisogni e i desideri del singolo e lo incatena, soffocando la sua individualità, come accade nel caso della dipendenza affettiva.
Essa viene classificata tra le “New Addiction”, ovvero le nuove dipendenze di tipo comportamentale, caratterizzate dall’assenza di una sostanza, come le dipendenze da Internet, dal sesso, dallo sport, dal lavoro, il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo. Il denominatore comune a tali dipendenze è il fatto che l’individuo non ricerca una sostanza esterna a lui, ma è dipendente da un oggetto o da una persona, con la quale stabilisce una condizione psicologica di esclusività e di legame.
Le caratteristiche della dipendenza affettiva sono molto simili a quelle della dipendenza da sostanze: intensa euforia in presenza del partner, desiderio spasmodico e irrefrenabile di essere con lui, tendenza a trascorrere sempre più tempo in sua compagnia e infine, nel caso di interruzione della relazione, sintomi simili a quelli che si riscontrano nella sindrome d’astinenza dei tossicodipendenti (depressione, ansia, insonnia o ipersonnia, irritabilità, perdita dell’appetito o abbuffate) e che spesso portano a ricadute.
Quando si parla di dipendenza affettiva è bene ricordare che un certo grado di dipendenza dal partner è una componente importante di ogni storia d’amore, soprattutto nella fase dell’innamoramento, caratterizzata da un forte senso di intimità e passione, in cui il vissuto di fusione può risultare particolarmente forte.
Nella dipendenza affettiva questo aspetto viene esasperato e il bisogno dell’Altro si cristallizza, pervadendo l’intera vita dell’individuo. La vicinanza e il legame con un’altra persona, spesso assente o sfuggente, diventa lo scopo unico e ultimo della propria esistenza. L’Altro diventa questione di vita o di morte: i bisogni individuali sono negati e annullati all’interno di un legame unidirezionale.

Nella vita delle persone che soffrono di dipendenza affettiva tutto inesorabilmente ruota attorno al partner e spesso la persona dipendente si chiude o evita volutamente gli altri nel tentativo di proteggersi dalle critiche. Accade di frequente che abbandoni progressivamente i suoi interessi e hobby, per seguire quelli del compagno o compagna. Il tempo in cui non si è in presenza della persona amata, viene speso a rimuginare sull’insoddisfazione della propria relazione, e la mente è costantemente occupata dal pensiero dell’Altro, tanto che non sono rare le situazioni in cui questo porta a importanti difficoltà lavorative.
Spesso i pazienti dipendenti riferiscono il vissuto di non esistere senza la persona amata, che diviene necessaria come l’aria per respirare. L’Altro è costantemente rincorso esattamente come fanno i giocatori d’azzardo che rincorrono la perdita e non riescono a smettere di giocare.
Tali dinamiche possono diventare particolarmente pericolose e sfociare in situazioni estreme, come ad esempio nel caso di violenza fisica: i pazienti dipendenti tendono a giustificare il partner, si isolano, mentono o non chiedono aiuto pur di proteggerlo; spesso purtroppo non riescono a lasciarlo nemmeno quando è a rischio la loro incolumità fisica.

Per comprendere a fondo la dipendenza affettiva è necessario considerarla in un’ottica relazionale: non quindi come un fenomeno che riguarda il singolo, ma come una dinamica che riguarda la coppia.
Il dipendente si considera spesso una persona non meritevole d’amore, si sente inadeguato e la sua vita è dominata da una costante angoscia di essere abbandonato. Per questo tenderà a scegliere inconsciamente partner problematici, evitanti, anaffettivi che andranno a confermare l’immagine negativa di sé.
Le persone dipendenti, offuscate dal terrore della solitudine, tendono ad assumere comportamenti compiacenti di estrema disponibilità e accudimento verso la persona amata, con la speranza di realizzare i suoi desideri e rimanerle accanto.
Il partner, all’opposto, avvilisce costantemente le debolezze del dipendente sul piano fisico, caratteriale, estetico, operando un costante confronto con un Altro, reale o ipotetico, sempre migliore. Si instaura così un vero e proprio circolo vizioso che si autoalimenta e che porta ad una totale perdita di autostima, ad un profondo e costante senso di angoscia, al terrore di essere lasciati, tanto da attribuirsi colpe che in realtà non si hanno, pur di giustificare i comportamenti svalutanti dell’Altro.
Eccitazione, euforia, passionalità scaturiscono proprio dalla indisponibilità e dal rifiuto della persona amata che spesso alterna, in modo repentino e sconcertante, slanci passionali ad atteggiamenti di profonda freddezza, chiusura e violenta critica. Tale capricciosità, che dovrebbe portare verso un allontanamento e una visione critica dell’Altro, forza invece ancor più nella direzione di un invischiamento sempre più cieco e profondo. Il dipendente è costantemente ossessionato dal tentativo di ricreare dei momenti piacevoli, rivivere la loro magia, sperando in un cambiamento del partner, magari proprio grazie alla propria azione salvifica. Nonostante l’Altro si dimostri impermeabile alla critica e al cambiamento, il dipendente continua a sperare, aggrappandosi all’illusione che prima o poi arrivi la svolta, sopportando angherie e sottili umiliazioni e rimanendo sempre più imprigionato in un incastro mortale.
Generalmente, i pazienti con dipendenza affettiva sono consapevoli della spirale asfissiante in cui sono rinchiusi, ma esattamente come i tossicodipendenti, non riescono a separarsi dal partner.
A volte, tale consapevolezza può portare a dire basta e a chiudere la relazione ma, inevitabilmente, sopraggiungono i sintomi dell’astinenza (depressione e incapacità di provare piacere, ansia, sensazione di vuoto ecc.), che inducono a perdonare la persona amata e a giustificarla, riprecipitando così nell’eterno circolo vizioso.

Le persone che soffrono di dipendenza affettiva possono trovare un grande aiuto in un percorso di psicoterapia ad orientamento psicanalitico, grazie al quale diventa possibile uscire dallo stato di profonda angoscia e terrore che costantemente li accompagna, portando al progressivo alleviarsi della loro sofferenza.
Condizione imprescindibile affinché questo avvenga, è che il paziente diventi consapevole del proprio funzionamento, e comprenda quale sia la motivazione sottostante alla dipendenza, che spesso si configura come un estremo tentativo di guarire un’antica ferita d’amore.
Solo rielaborando il passato è possibile rompere antichi schemi disfunzionali e dar vita a nuove possibilità di relazioni affettive, basate sulla reciprocità, sulla fiducia, sul rispetto e in cui sentirsi finalmente amati e accettati.

Articolo a cura della Dott.ssa Elisa Terren
Psicologa Psicoterapeuta a Mirano e Mestre

 

Elisa Terren

Elisa Terren

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